Mi rendo conto sempre più spesso di come arriviamo impreparati all’adolescenza dei nostri figli. 

Siamo smarriti di fronte ai cambiamenti più stravaganti, ma soprattutto siamo spaventati perché non abbiamo più il controllo. Il primo e più frequente motivo di crisi è la scuola: c’è chi smette di studiare, c’è chi non ci vuole più andare, c’è chi si scontra continuamente con i professori e colleziona note disciplinari, ma in definitiva la scuola è il luogo in cui saltano più spesso gli schemi e questo fa saltare anche gli equilibri familiari. In realtà sono convinta che le crisi adolescenziali così accentuate e polarizzate abbiano origini più lontane in termini evolutivi. Sono convinta che, osservando e ascoltando i veri bisogni dei figli prima dei fatidici 13 o 14 anni, si arriverebbe tutti più attrezzati a quelli che sono i “terribili 15 anni”, l’età in cui ci si chiede spesso “dove è finito mio figlio? Mia figlia?.”

Cosa significa? Diamo loro ciò di cui non sempre hanno realmente bisogno. A volte diamo loro cose, invece che tempo, per esempio. A volte sottovalutiamo comportamenti, modi di comunicare, abbiamo fretta di risolvere, piuttosto che la pazienza di ascoltare e la volontà di capire. Spesso ignoriamo segnali di crisi, ma soprattutto ci chiudiamo in noi stessi.

L’errore più grande quando si mette al mondo un figlio è quello di isolarsi. Al contrario, dovremmo sempre cercare di condividere la nostra esperienza di genitore con altri genitori che ci somigliano, che ci stimolano, che ci consolano, che ci capiscono, perché vivono un po’ quello che viviamo anche noi e che è più comune di quanto si creda.

Ma dobbiamo iniziare fin da subito (quando sono piccoli) a costruire buoni rapporti di vicinanza affettiva, a cominciare dal piacere di stare insieme. E poi bisogna partire da lontano; attraverso “le piccole cose fatte bene”, come diceva una mamma a colloquio da me, tempo fa.

Fin da piccoli, infatti, possiamo chiedere ai figli di collaborare, di fare la propria parte a casa, a scuola, ma anche al di fuori, per gli altri, nella cosiddetta società. Ad ogni età un bambino è parte attiva della famiglia in cui vive ed è amato, e coinvolgerlo nella cura quotidiana attraverso le piccole cose che impara ad ogni fase evolutiva è l’unico modo per crescere uomini e donne che un giorno saranno in grado di essere felici davvero.

Eleonora Alvigini 

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