C’era una volta un bambino di nome Matteo.
Matteo era un ragazzino mingherlino e non tanto alto e spesso si preoccupava per il suo fisico, soprattutto quando giocava a calcio con i suoi compagni di classe, che erano più grossi e più alti di lui e gli facevano un po’ paura con tutta quella foga che ci mettevano per cercare di prendere la palla e fare goal.
Preferiva altre attività più calme e intellettuali, come suonare la chitarra, e giochi di abilità, come complicatissime costruzioni fatte con il lego. Pian piano, sostenuto dalla sua mamma e dal suo papà, aveva imparato ad andare sulla bici senza rotelle e aveva scoperto anche lo skateboard e la scalata in montagna. Con tanto incoraggiamento, tanta pazienza e mettendo da parte le loro preoccupazioni, i genitori erano riusciti a dare a Matteo un po’ di sicurezza! E così adesso si sentiva il drago della montagna, il musicista più talentuoso del mondo, un corridore pronto per il giro d’italia e lo skater più abile del circondario!
Ops… forse la sicurezza di Matteo era fin troppa adesso! Ma se questo gli permetteva di fare tante cose e di essere contento andava bene così, pensavano i suoi genitori.
Col passare del tempo Matteo però incontrò altri bambini che ottenevano ottimi risultati nelle varie discipline e lui cominciò a sentirsi sempre meno bravo e a preoccuparsi: andava mal volentieri a lezione di chitarra e temeva il giudizio del maestro; usciva sempre meno con lo skate e quando doveva andare ad allenarsi per fare roccia gli veniva sempre un gran mal di pancia.
La mamma e il papà, il suo allenatore e i suoi insegnanti lo incoraggiavano ma non serviva a nulla: Matteo non si sentiva più il più bravo e anzi, si sentiva una scamorza sciolta al sole!
Per fortuna nel frattempo conobbe un bambino di nome Giacomo che lo invitò a giocare con lui a palla canestro. Giacomo non era un asso del basket ma si divertiva a provare a fare canestro. Con Matteo iniziarono a giocare insieme quasi tutti i pomeriggi: si trovavano al campo e tentavano di fare passaggi e canestri. Matteo era più rilassato, Giacomo lo metteva a suo agio e si sentiva bene divertendosi. I genitori di Matteo tirarono un sospiro di sollievo: vedere quello scricchiolino tornare un po’ a vivere li rincuorava.
Un giorno, però, arrivò al campo un bambino molto prepotente, che rubava loro la palla, faceva dispetti, spingeva e li prendeva in giro ogni volta che sbagliavano. Questo bambino iniziò a frequentare il parco tutti i giorni e così per i due amici divenne impossibile proseguire i loro allenamenti. Giacomo cominciò a trovare una serie di scuse e a venire al campo sempre meno. Matteo ogni tanto ci provava ma stava lì con l’ansia che arrivasse quello che lui aveva definito ormai “il suo peggior nemico”.
Un giorno, mentre Matteo era al campo, arrivò il solito bambino prepotente e Matteo si allontanò appena lo vide comparire all’orizzonte. Arrabbiato e mortificato decise che era rrivato il momento di trovare una soluzione. Andò per negozi alla ricerca di un bastone, una maschera da mostro, uno spray al peperoncino….una qualsiasi arma che potesse aiutarlo a difendersi.
Arrivato al negozio di un rigattiere, un po’ sconsolato entrò perché la sua ricerca era andata a vuoto. Lì trovò una strana cosa: era un piccolo oggetto di vetro, si capiva che era forse in origine un qualche animale, ma sembrava deformato, e sembrava avere artigli di vetro.
Incuriosito osservò l’oggetto e il rigattiere gli si avvicinò: è un mostriccio di vetro, spiegò. É un oggetto molto antico appartenuto a una famiglia di maghi. Non so bene che poteri avesse ma ormai non vale più nulla. Se vuoi te lo vendo per pochi soldi.
Matteo accettò e pagò meno di un gelato quello strano oggetto. Se lo mise in tasca e se lo dimenticò.
Qualche giorno dopo ecco di nuovo la solita situazione: vedendo arrivare il prepotente Matteo sentì l’impulso di scappare, ma qualcosa come un peso alla gambe gli impedì di muoversi.
Il prepotente come da programma rubò la palla di mano a Matteo: stupito di se stesso, o meglio di ciò che gli stava accadendo, Matteo si ritrovò, sempre con le gambe paralizzate ad urlare tutta la sua rabbia. E mentre urlava sentì qualcosa graffiargli la coscia e vide uscire dalla sua sua tasca il mostriccio dagli artigli di vetro, che diventando sempre più grande, si animava prendeva vita e iniziava a muoversi, scrocchiando tutte le articolazioni delle sue numerose zampe. Una volta sistematosi, il mostriccio di vetro, che adesso aveva le sembianze di un mostrone spaventoso, iniziò a camminare e poi a correre sempre più velocemente in direzione del prepotente, mentre i suoi artigli di vetro risuonavano sull’asfalto come il rumore dei tacchi delle scarpe. Il bambino prepotente inizò a urlare e scappare inseguito dal quel mostro pauroso e dall’aria feroce. I lunghi artigli del mostro lo ghermirono e lo sollevarono da terra, lo scossero finchè il bambino non lasciò cadere la palla che aveva rubato a Matteo.
A quel punto il mostro, apparentemente soddisfatto, lasciò il bambino e afferrò la palla portandola a Matteo. Purtroppo i suoi lunghi artigli la bucarono e Matteo si ritrovò con una palla sgonfia e un mostro da gestire!!!
Si avvicinò al mostro, lo ringraziò per averlo aiutato: era proprio il suo desiderio, potersi difendere dal prepotente, quando lo aveva acquistato, senza avere nessuna fiducia in lui.
Matteo valutò poi che forse il mostro aveva persino esagerato e che era fin troppo appuntito, tanto che aveva persino bucato la palla senza averne l’intenzione. “Sarà il caso che limiamo un po’ i tuoi artigli!” disse al mostro e lo portò a casa, prese una lima per le unghie e iniziò ad accorciarle e ad arrotondarle.
Quando la mamma arrivò a casa si spaventò, ma Matteo la tranquillizzò raccontandole l’accaduto. Restava il mistero dei poteri del mostro, ma il mostriccio allora parlò: “Ero così appuntito perché nessuno si curava di me da anni, ma adesso che mi hai limato gli artigli farò scappare i cattivi, ma senza esagerare!”.
Matteo piano piano fece amicizia col mostro, lo ospitò sul balcone di camera sua e gli confidò i suoi problemi: “C’è sempre qualcuno più bravo e io invece sono una scamorza”. Raccontò del basket ma anche dello skateboard della chitarra e delle scalate in montagna. Il mostro dopo aver riflettuto disse: “Forse è come con i miei artigli: devi limare un po’ le emozioni quando ti senti scamorza e anche quando ti senti il più bravo di tutti: forse sei semplicemente bravo (nè il migliore nè il peggiore) e puoi goderti le cose che fai, come accadeva con Giacomo al campo di Basket.“
Matteo si sentì molto più tranquillo dopo quel pensiero del mostro di vetro e andò a letto sereno. Al mattino però non trovò il mostro di vetro, era letteralmente scomparso: non era in cantina, non era in balcone né sotto il letto. Preoccupato e impensierito Matteo andò a scuola e quando l’insegnante gli chiese di suonare un pezzo con la chitarra sentì di nuovo le gambe pesanti ed era incapace di muoversi. Temendo che il mostro comparisse dalla sua tasca mise istintivamente la mano in tasca e trovò una lima per le unghie. “Devi limare un po’ le emozioni quando ti senti scamorza e anche quando ti senti il più bravo di tutti: forse sei semplicemente bravo (ne il migliore ne il peggiore) e puoi goderti le cose che fai, come accadeva con Giacomo al campo di Basket”. Le parole del mostro riecheggiarono dentro di lui e allora si alzò dal banco e prendendo la chitarra disse: “sarà divertente suonare di nuovo insieme!”.
Fiaba originale di Francesca Rossi