Quante volte diciamo ai nostri figli “questo ti fa bene” o “lo faccio per il tuo bene” ?
Accade spesso suppongo, perché giustamente essere genitori significa essere condottieri verso il bene.
C’è un bene che fa crescere più di molte parole: il servizio.
Ma come si fa a trasmettere l’abitus del servizio? Si impara guardando l’altro come per qualsiasi altro aspetto della vita. I figli ci guardano ogni giorno e, più spesso di quanto crediamo, ci imitano.
Avete mai osservato il loro gioco simbolico dai 3 anni in su? Fanno finta di essere mamma o papà o la maestra o il loro personaggio preferito.
I figli vogliono essere come le persone che amano e questo ci rende tutti estremamente responsabili delle nostre azioni personali, anche quelle che crediamo nessuno veda o capisca.
Per imparare davvero una lezione dobbiamo ascoltare, vedere, appassionarci; per trasmettere una passione prima di tutto dobbiamo viverla.
Essere gentili e rispettosi, amabili e coerenti in famiglia è certamente fondamentale per orientare i figli a fare ciò che è bene, ma ad un certo punto la famiglia non basta più. Crescere porta sempre a guardare fuori, a cercare altri modelli a cui riferirsi e con cui confrontarsi. Questa è la ragione per cui diventa necessario offrire da subito spazi sociali in cui trovare risposte di senso alle domande che nascono e crescono nel cuore dei figli, nel corso dello sviluppo.


Offriamo loro luoghi in cui incontrare persone, vivere esperienze e fare memoria di storie che aiutano a diventare davvero persone grandi, in grado di scegliere, di realizzare le proprie aspirazioni, a partire dalle potenzialità e dai propri talenti.


Se vogliamo che non litighino sempre fra fratelli, che ci aiutino a tenere in ordine almeno la loro stanza, a rispettare il nostro lavoro o ad aiutarci facendo bene il loro, usciamo dalle nostre case e cerchiamo aiuto nella condivisione.
Il mondo sotto casa è pieno di persone che hanno bisogno di essere viste, ascoltate e aiutate. Facciamolo prima di tutto noi grandi e poi raccontiamolo a casa. E a mano a mano che diventa possibile coinvolgiamo anche i nostri ragazzi nelle azioni solidali che avremo scelto e sviluppato. Raccontiamo storie che abbiamo vissuto e offriamo loro alternative concrete al vuoto di certe giornate che caratterizzano spesso il tempo dei figli dopo la scuola.
Servire significa esserci, sviluppare interesse per quanto ci circonda e vive oltre le nostre mura. Non servono grandi azioni di solidarietà per vivere la vicinanza. Basta davvero poco, piccole attenzioni, gesti concreti anche molto semplici rivolti però a qualcuno di estraneo a noi che in modo disinteressato ci aiuterà a crescere!

di Eleonora Alvigini

Nella foto ragazzi coinvolti nella Colletta Alimentare che si è tenuta tra il 26 e il 27 Novembre in tutta Italia.

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