Ho conosciuto Maria Giovanna entrando a far parte dell’associazione Prader Willie con cui collaboro e grazie alla quale abbiamo condiviso un brevissimo tratto di strada insieme, per supportare nella relazione con la scuola, sua figlia Anna durante l’ultimo anno delle superiori.
Come leggerete fra poco, la disabilità non è solo un’esperienza faticosa o dolorosa; la disabilità è ciò che spesso muove le montagne dentro e fuori noi stessi.
Eppure, come capirete da questa straordinaria dichiarazione d’amore di una madre a sua figlia, sono ancora troppi i macigni che indegnamente ostacolano la vita di chi vive più faticosamente e duramente di chi disabile non è.

Cara Anna, è la prima volta che mi capita di scriverti una lettera ma nella giornata internazionale delle persone con disabilità sento il bisogno di farti sapere quanto faticosa ed impegnativa ma nello stesso tempo meravigliosa, sorprendente e piena d’amore è la vita con te.

Ricordo come fosse ieri l’emozione del nostro primo incontro. Ricordo la tempesta di emozioni che ha stravolto il mio
cuore quando sono riuscita a scorgere dietro al vetro di un’incubatrice della Terapia Intensiva dell’Ospedale di Parma,
il tuo corpicino martoriato dal parto, nascosto da un groviglio di fili e tubicini.
Ricordo la gioia dell’essere diventata mamma sopraffatta improvvisamente dal senso di impotenza, dalla paura del
futuro, dal senso di colpa perché mi ritenevo responsabile di averti procurato tanto dolore. Riecheggia ancora nella
mia testa il suono degli allarmi degli strumenti che ti tenevano in vita e la voce gelida dei medici pronunciare senza un minimo di sentimento orribili sentenze che entravano nelle mie orecchie ma che la mia mente si rifiutava di ascoltare.
Poi dopo cinque lunghi mesi, contro ogni previsione degli illustri scienziati, siamo riusciti a portarti a casa e non puoi
immaginare la gioia di farti conoscere ad amici e parenti orgogliosi che la nostra piccola guerriera aveva vinto la sua
prima battaglia.
Così abbiamo imparato a fare del dolore fonte inesauribile di forza e coraggio e insieme abbiamo iniziato un cammino in cui ciascuna di noi imparava qualcosa dall’altra.
Certo che il tuo arrivo ha scombussolato non poco la nostra famiglia! Per prima cosa abbiamo dovuto cercare una casa senza barriere architettoniche. Io ho dovuto chiudere il mio dottorato di ricerca in un cassetto e con lui tutti i miei sogni
lavorativi. Il tuo meraviglioso papà ha dovuto imparare ad incastrare visite mediche, ricoveri a far quadrare i conti per essere sicuro di poterti garantire tutte le terapie necessarie e visite mediche presso i migliori specialisti. I nostri amici dicono che io e lui siamo una coppia di tre persone, perché non esiste un momento in cui tu non sia con noi. Non rimpiango le scelte fatte. Ogni momento donato a te è stato scelto.
Ogni sacrificio e ogni spesa sono un investimento per la tua e per la nostra vita.
Non ho mai avuto paura del dopo di noi perché la tua Ely dice sempre che non poteva sperare di avere sorella migliore di te e sono sicura che non ti lascerà mai sola.
Piuttosto mi ha sempre spaventato quello che sarebbe successo al termine del tuo percorso scolastico, perché credo
che la società in cui viviamo non sia sufficientemente attenta alle persone più deboli. E infatti dal tuo esame di maturità intorno a te c’è solo il vuoto più totale: nessuno della tua classe ti ha più cercata, nessuno della parrocchia, nessuno delle istituzioni. Nessuno si sofferma a riflettere su quanto la solitudine faccia male, soprattutto a persone che come te hanno sviluppato nel dolore una spiccata sensibilità.
Con il mio lavoro mi capita spesso di incontrare lo sguardo di studenti e di vedere in fondo ai loro occhi il tuo stesso entusiasmo e la tua voglia di imparare cose nuove. E così la mia fantasia comincia a galoppare.
Poi però mi scontro con la cruda realtà del destino crudele di cui tu sei stata la vittima prescelta e mi ritrovo incollata al
telefono ad aspettare la chiamata da parte del Comune con la quale ci verrà annunciato che è stata trovata un’occupazione in cui tu possa spendere le tue competenze, acquisite con tanta fatica.
Mi piacerebbe che anche i genitori di ragazzi normodotati provassero per cinque minuti ad immaginare che dietro i tuoi teneri occhioni neri si nasconda lo sguardo della loro figli. Forse imparerebbero ad apprezzare tutto quello che
la vita ha donato loro e proverebbero un senso di riconoscenza nei confronti di chi ha preso anche il loro fardello di sofferenza.
Caro amore mio, ti ringrazio per avermi insegnato che la vita è più forte delle difficoltà e ti prometto che fino a quando
avrò fiato mi prodigherò con tutte le mie forze perché anche tu possa essere protagonista del tuo futuro Ti voglio bene.
La tua mamma
Maria Giovanna Troglio

Share This