Ricordo ancora il mio primo esame a scuola. Era il 1978 e facevo la quinta elementare. Ovviamente non ricordo l’esame in sè, ma l’emozione mia e di mia madre: mi sentivo grande. 

Ma che cos’è un esame? Veramente. Dal latino examen che significa ago della bilancia, l’esame è anche, e forse soprattutto, un rituale, un’esperienza in cui ci si mette alla prova pubblicamente, segnando in qualche modo un passaggio da una fase all’altra della vita.

È una specie di spartiacque in cui, oltre a sé, qualcun altro decide, fa un bilancio del percorso fatto. Altri valutano l’operato dell’allievo sulla base di quello che gli viene mostrato.

Un ponte fra due mondi

In questi giorni sono iniziati gli esami di terza media (o sarebbe più corretto dire secondaria di primo grado), per 560 mila studenti e, quindi per altrettante famiglie, che vivranno (mi auguro) questa prima grande esperienza di passaggio con i loro figli e nipoti. Inoltre, fra qualche giorno, circa 540 mila studenti inizieranno le maturità, un ponte fra due mondi: da quello adolescenziale al mondo adulto.

Non si tratta solo di applicare le regole apprese durante il ciclo di studi; la vera fatica è sostenere il confronto con un pubblico di professionisti chiamati ad esprimere un giudizio complessivo su di sè, a partire dai risultati ottenuti durante l’intero ciclo scolastico, fino allo stile di presentazione e comunicazione in corso al momento della prova.

In generale i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di sviluppare autonomia e senso critico, due dei compiti evolutivi più importanti di cui siamo tutti responsabili come adulti di riferimento e non possono farlo se ci sostituiamo continuamente, se impediamo loro di sbagliare, se li giudichiamo invece che insegnare loro a giudicare da soli i propri comportamenti e i propri risultati.

Troppo spesso gli esami dei figli diventano gli esami dei loro genitori perché non sappiamo guardarli con il distacco e il rispetto necessario e giusto che meritano.

Come sostenere, dunque, i nostri ragazzi in queste settimane di esami?

  1. Credete nelle loro capacità e nel desiderio stesso di riuscire. Crederci sul serio significa anche passare loro l’incoraggiamento necessario senza il rischio di creare aspettative, né relativa ansia.
  2. Fidatevi. Sbaglieranno certo! Faranno le cose in modo diverso da come le fareste voi, ma solo così cresceranno. A volte ci si sente così male di fronte a un errore proprio o di un figlio che lo viviamo come un fallimento. Sbagliare non è sinonimo di fallire.
  3. Non perdete di vista l’obiettivo: un esame è soprattutto un’occasione per dimostrare coraggio e controllo emotivo. Avere studiato in modo costante aiuta a raggiungere risultati soddisfacenti, ma le emozioni spesso inficiano gli esiti sperati, nonostante i migliori pronostici.
  4. Attenzione a non giudicare la spavalderia o la supponenza dei figli sempre e solo come atteggiamenti superficiali o indicatori di disinteresse. Spesso sono solo meccanismi di difesa, modi per tenere sotto controllo l’ansia da prestazione.
  5. Se i vostri figli non desiderano la vostra presenza durante il colloquio, non insistete e non vivetela come una mancanza di riguardo personale. Apprezzate piuttosto la spinta e il desiderio di sentirsi liberamente responsabili della propria prestazione.

Vivere al meglio queste esperienze particolari e straordinarie con i nostri ragazzi aiuta noi e loro ad affrontare in modo efficace anche le altre prove, che si affrontano nel corso di una vita piena, ben più difficili e richiedenti coraggio e maturità… per l’appunto.

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