Il corpo parla. E’ un assunto su cui siamo certamente tutti d’accordo. I gesti comunicano sempre qualcosa di sé. Con i figli, soprattutto adolescenti, saper comunicare, verbalmente e non, può essere difficile e complicato a causa dei tanti cambiamenti che caratterizzano questo passaggio evolutivo tanto importante quanto complesso.
Ad esempio, mia figlia Sara, al mattino, fatica a parlare; ha bisogno di tempo per realizzare che è tornata alla realtà. Ha bisogno di spazio in cui stare da sola prima di poterlo condividere con qualcun altro.
Non credo ci sia un vero e proprio motivo: è fatta così, è la sua natura, che ha bisogno di gesti amorevoli diversi da quelli di cui ho bisogno io, per esempio.
Sofia invece, la più piccola delle mie figlie, ha bisogno di stare da sola quando è arrabbiata o fortemente delusa, oppure quando è ferita. Ti accorgi in fretta che qualcosa non va, ma avvicinarsi troppo nel momento sbagliato sarebbe come lanciare un boomerang anche se tu vorresti offrire un salvagente.
I gesti amorevoli non sono sempre tutti uguali e ogni figlio necessita di un linguaggio personale, su misura.
Per questo diciamo spesso alle madri e ai padri che incontriamo, che non sempre quello che funziona e serve nella relazione con un figlio è uguale a ciò che funziona e serve con un altro.
I GESTI
I gesti, come le parole, sono importanti: un bacio, un abbraccio, uno sguardo, una telefonata, una sorpresa, una carezza oppure una sgridata, un chiarimento dicono molto dei nostri rapporti con le persone. E, inevitabilmente, cambiano nel tempo perché un ragazzino, difficilmente vorrà essere baciato, abbracciato dalla sua mamma davanti a scuola e agli amici, ma avrà ancora bisogno del suo sguardo comprensivo (o chiarificatore nei momenti difficili) e della sua consolazione, attraverso un abbraccio nascosto al mondo esterno. La tenerezza di una madre si esprime in modo diverso da quella di un padre e questo, i figli lo sanno e se lo aspettano. I gesti sono importanti e i figli si aspettano sempre quello giusto, quello pensato per sè e non per un altro.
Però è faticoso riconoscere questo bisogno personale e rispondere in modo efficace senza cedere alla tentazione di fare sempre un po’ di più come piace a noi. Quando Sara compare sulla porta della cucina al suo risveglio è faticoso non buttarle le braccia al collo e non salutarla con uno squillante buongiorno amore perché è quello che io vorrei per me.
Eppure imparare a scegliere i gesti nei modi e nei tempi giusti per ciascun figlio aiuta a crescere a li fa sentire amati in modo autentico. Funziona sia quando si tratta di accogliere e consolare, sia quando si tratta di correggere e incoraggiare. E, come sempre, occorre prima di tutto ascoltare per conoscere e riconoscere anche i cambiamenti che i figli vivono nel tempo.
Provate a decifrare le emozioni che prova quando torna da scuola, quando parla con gli amici quando gli riesce bene qualcosa, quando è con i fratelli, quando mangia, quando scherza. Cosa lo rende euforico? Cosa lo avvilisce? Cosa lo incuriosisce? cosa lo innervosisce? In cosa fa fatica e cosa lo soddisfa? Possiamo conoscere solo se ci concediamo il tempo di guardare e di ascoltare. Se avremo svolto bene questo compito, potremo offrire ai nostri figli risposte più adeguate e più efficaci al loro modo di essere.
Rispondere in modo adeguato non significa colludere con il limite o l’errore dell’altro, ma rispettarne la specificità.
I figli non sono tutti uguali cioè non provano le stesse emozioni in una data realtà e non hanno sempre gli stessi bisogni. Il temperamento e la natura di un figlio, diversamente da un altro, ne determinano spesso scelte e modi di agire. A volte le differenze fra loro non hanno a che fare con ciò che è giusto o sbagliato, ma solo con uno stile e un tipo di approccio piuttosto che un altro.
Osservo, comprendo e rispondo; a ciascuno il suo.
di Eleonora Alvigini