È dura pensare che un figlio cresciuto sotto i propri occhi fino all’età di 13, 14 o 15 anni possa trasformarsi in uno sconosciuto, ma è spesso così che si sentono i genitori di un adolescente.

Ad un certo punto qualcosa cambia in questi nostri figli non più bambini e non ancora adulti.

Per lo più l’adolescenza è paragonabile ad un gigantesco laboratorio in cui i ragazzi e le ragazze si sentono potenti e liberi di provare ad essere come si vuole. Ma può essere percepita come una specie di prigione in cui la vigliaccheria di pochi tiene in scacco la fragilità di molti.

Paura e potenza

Se avessi ora 16 anni di cosa avrei paura? E cosa invece mi farebbe sentire inarrestabile? Probabilmente avrei paura di essere derisa, di non piacere o di fallire. Avrei paura di foto rubate a mia insaputa da qualche compagna gelosa e finire così in pasto ai lupi del web. Avrei paura di quello che si potrebbe dire di me sui social e forse avrei paura perfino di essere spiata da adulti viziosi.

Ricordo un giorno in terza media: passai di fronte all’altra sezione e un paio di ragazzi, che fra l’altro trovavo carini, mi sbeffeggiarono e mi presero in giro per il mio aspetto. Mi vergognai terribilmente come se quella sbagliata fossi io, ma qualche giorno dopo non ricordavo più neppure i loro volti. Non c’erano state conseguenze: nessuna foto sconveniente fluttuante indisturbata nell’etere, nessuna chat fuori controllo a fare da sfondo a un episodio tanto stupido quanto normale e, a quel tempo sì, davvero innocuo.

Dall’altra parte, invece, mi sentirei inarrestabile con la penna o con i colori perché amo talmente scrivere, disegnare o dipingere che non ha importanza se ciò che faccio piaccia a qualcuno. La gioia che vivo quando scrivo o dipingo supera qualsiasi giudizio negativo. È forse questo ciò che cercano gli adolescenti, i nostri figli e gli studenti?

È notizia di questi giorni, secondo il rapporto ISTAT sul Benessere equo e sostenibile 2021, che è raddoppiata la percentuale di adolescenti insoddisfatti e con un basso punteggio di salute mentale: erano nel 2019 il 3,2% del totale, sono diventati 6,2% nel 2021. Significa che 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano insoddisfatti della propria vita e si trovano, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico, con manifestazioni estreme di sofferenza e irrequietezza diffuse e forse non transitorie.

L’emozione perfetta

Se dentro alle loro azioni e alle loro scelte non provano abbastanza gioia, né soddisfazione personale, allora tutto il resto diventa più importante, anche le critiche, gli scherni e i giudizi di chi guarda. L’emotività sregolata fa da sfondo nella vita di un adolescente, alla continua ricerca dell’emozione perfetta, in lotta fra bianco e nero, passando da 0 a 1000 in una notte. Se l’amore incondizionato per i coetanei li fa sentire forti e invincibili, l’invidia, la paura o la rabbia, spesso, li inducono a comportarsi da vigliacchi. Le pagine di cronaca, le scrivanie di avvocati e di assistenti sociali sono colme di atti di bullismo e cyberbullismo: la rete è diventata un perfetto schermo protettivo, una favolosa maschera di titanio dietro cui colpire in tanti modi possibili l’oggetto della propria invidia, rabbia o paura. I vigliacchi grandi e piccoli, che si nascondono dietro a internet sono protetti dall’omertà dei cosiddetti amici in fuga dalle responsabilità, ma anche dalla propria occasione di fare la cosa giusta.

Vergogna e vigliaccheria sono un po’ due facce della stessa medaglia, ma anche emozioni che spingono a comportamenti appartenenti a ruoli diversi; è frequente che bullo e vittima provino entrambi sia la vergogna che il senso di colpa, solo che reagiscono in modo molto diverso.

Spesso, però, chi abusa di vergogna o di vigliaccheria ha fatto davvero poche esperienze di ciò che dà una vera gioia.

Mentre siamo pronti ad infierire sui vigliacchi, siamo inermi e impreparati di fronte a un figlio che si vergogna.

La vergogna sembra indurre comportamenti i cui estremi opposti sono: la difesa accanita e l’iperprotezione indefessa oppure la rabbia, la delusione fino al disprezzo. L’iperprotezione fa sentire l’altro inetto, poco o per nulla capace di prendersi cura di sè, di cavarsela da solo. La rabbia e il disprezzo fanno sentire l’altro immeritevole e sbagliato. Entrambe queste posizioni provocano insicurezza e mancanza di autostima.

Come possiamo aiutare realmente i nostri ragazzi?

Se abbiamo figli piccoli allora teniamo a mente questi semplici criteri:

  1. Il gioco libero in cui cercare e trovare soluzioni a un problema sempre più in modo autonomo sviluppa intelligenza, ma anche fiducia nelle proprie capacità.
  2. La coerenza educativa non toglie spazio all’amore. È il giudizio sulla persona che mina la fiducia in se stessi.
  3. I bambini giocano e si muovono perché è ciò che dà loro gioia e piacere. Fare esperienze adeguate alle loro capacità di realizzazione e di comprensione in cui sentirsi felici e capaci li aiuta a crescere sereni, sicuri e lucidi.

Se abbiamo figli adolescenti i criteri da tenere a mente sono questi:

  1. La gradualità aiuta entrambe le parti: rispondiamo alle crescenti richieste di libertà con proposte graduali tanto quanto la responsabilità che ci si deve assumere.
  2. Vigilare è più efficace che controllare: implica più ascolto e più attenzione da parte degli adulti, ma fa sentire i figli più autonomi e degni di fiducia. Il controllo ossessivo spinge più facilmente alla trasgressione.
  3. Nonostante crescano più distaccati dai loro genitori, continuano ad essere interessati alle belle esperienze: proponiamo loro di tanto in tanto esperienze che possiamo scegliere e condividere insieme.
  4. Il miglior modo di renderli consapevoli di uno sbaglio è affrontarne la diretta conseguenza. Questo li aiuta a diventare sempre più responsabili delle proprie azioni e più capaci di scegliere.

Fare esperienze di ciò che è davvero bello serve sempre ed è per tutti. “La bellezza salverà il mondo” diceva Dostoevskij riferendosi alla bellezza del bene.

Abbiamo tutti bisogno di belle esperienze che diano valore ai nostri giorni perché bellezza, bene e gioia sono unite in un circolo virtuoso che dà impulso al coraggio e alla fiducia in sé e negli altri.

Share This